Quanti, in una giornata di pioggia torrenziale, si metterebbero a cantare I’m singing in the rain, completamente zuppi?
E pensare che l’ombrello fu usato all’inizio come parasole per creare una “piccola ombra”.
L’oggetto in questione era nell’XI secolo una autentico status symbol. I cinesi, che l’inventarono, in pieno Medio Evo, lo usavano come segno distintivo del rango sociale. In Europa arrivò con un po’ di ritardo e servì come parasole fino al 1730 circa, quando a Parigi si cominciò a fabbricare una copertura di tela cerata.
L’ombrello, questo oggetto esotico e caratteristico, subì anche discriminazioni. I più lo considerarono per molti anni un oggetto da effeminati, e il duca di Wellington, nel 1818, ne proibì l’uso ai suoi soldati. Nel 1874, un altro inglese, meno scrupoloso del duca, pensò di dedicarsi all’ombrello per migliorarlo. Samuel Fox, così si chiamava l’inventore, brevettò un’intelaiatura di stecche d’acciaio arcuate che permetteva una chiusura perfetta dell’ombrello.
Il resto, come si usa dire, è storia dei nostri giorni. Forse, tra cento anni, un cyborg-giornalista, per un articolo virtuale sulla storia dell’ombrello, accennerà ad un nostro contemporaneo: il signor Ettore con la sua famiglia. I progressi dell’ombrello, le sue trasformazioni in ombrellone fanno parte della storia recente. Ettore ne sa qualcosa, e come tutti gli inventori è geloso dei suoi segreti. E pensare che il signor Di Porto ha cominciato solo negli anni 80, e per caso, ad occuparsi di ombrelloni.
“Dopo aver chiuso la prima attività, ho svolto altri lavori. Aiutato dall’esperienza del cucito, che l’attività precedente mi aveva dato, ho avuto subito dei buoni risultati. Ho chiesto, tra gli ambulanti, chi avesse degli ombrelloni da riparare e così ho cominciato. Ascoltando i loro problemi, poi, sono riuscito a capirne le necessità e quindi tutte le possibili trasformazioni che potevano agevolarli nel loro lavoro”.
LA.PI. questo è il nome dell’azienda del signor Di Porto che, accanto a sé ha le sue due figlie Laura e Rossella, titolari della società, la moglie Leda ed il genero Franco.
L’azienda familiare è efficientissima, fabbrica e ripara ombrelloni con la collaborazione di 20 operai.
“Abbiamo cominciato con un operaio e un macchinista – dice la signora Leda – all’inizio pensavamo che la nostra azienda sarebbe rimasta a carattere familiare ma…”.
La società è cresciuta rapidamente tanto che in poco temo allo stabilimento iniziale si sono aggiunti altri 400 mq. Tutto risulta più comprensibile se si pensa che l’azienda ha cominciato con un modello ed oggi ne produce 100, di tutte le forme e “fuori misura” per esigenze particolari.
Questo incredibile processo non si è verificato casualmente, ma ha un autore: Ettore Di Porto.
Con grande passione ha cominciato ispirandosi a modelli esistenti per poi superarli. “Ho ripreso i vecchi modelli degli ambulanti per modificarli, arricchirli” dice il signor Di Porto mostrando la “fisarmonica”, un banco tradizionalmente usato nei mercati, che è stato da lui migliorato.
Il suo talento non si esaurisce qui. Molti, come anticipato, sono i segreti di produzione, che rendono i prodotti della La.Pi. inimitabili. Segreti che nascono nei laboratori dell’azienda al termine della giornata di lavoro. “Ho fatto del lavoro un hobby – confessa l’instancabile Ettore – e per questo il lavoro non mi pesa. Mi piace creare nuovi modelli e nuovi macchinari per accessori particolari. Gli altri laboratori hanno attrezzature commerciali, qui si possono trovare macchine che non esistono altrove”.
La società, dopo aver prodotto all’inizio, per un breve periodo, un modello economico, ha preferito puntare sulla qualità.
Una scelta, indubbiamente, felice, considerando il successo dei modelli. L’azienda ha due linee: Lusso e Export, e un mercato che si orienta, con risultati incoraggianti, all’estero. Inghilterra, Singapore, Germania, Giappone sono le mete internazionali dei prodotti LA.PI. “Recentemente – dice il signor Di Porto – abbiamo ricevuto una lettera di complimenti da Osaka”.
È facile comprendere la soddisfazione per il riconoscimento dell’originalità e della funzionalità di una creazione.
Nell’officina c’è un modello, brevettato, per gli ambulanti con speciali stecche in alluminio, molto più resistenti di quelle normali. Per forare l’alluminio è stata brevettata una macchina speciale, senza precedenti.
Così l’azienda, dopo le ore normali di lavoro, si trasforma in un laboratorio.
Ettore Di Porto veste i panni dell’inventore e si chiude per ore, come ci racconta la signora Leda, a pensare nuove macchine per nuovi modelli, che si tratti di un ombrellone per ambulanti completamente innovativo oppure un ombrellone da catering da utilizzare nelle terrazze o nei giardini delle ville.
In famiglia, poi la discussione per la scelta dei nomi da dare ai modelli è una costante come pure la selezione dei colori o per il tipo di pubblicità. Rossella e Laura e Franco confermano il grande impegno, ma non nascondono la soddisfazione per i risultati raggiunti e l’ambizione di traguardi futuri.
Ombrelloni pensili, gazebo, mezzi ombrelloni, ombrelloni speciali per il mercato, ombrelloni by night.
Dove può arrivare l’immaginazione del signor Di Porto? Quale futuro per l’ombrello e i suoi derivati dopo tante incredibili trasformazioni? Chi vivrà, vedrà…
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